26 settembre 2012

Costruzioni di significato/2




Accade, durante la narrazione terapeutica, che il paziente, nel momento stesso in cui comincia a raccontare una storia (la propria, quella di un familiare, di una persona importante) provi la sensazione di vivere quella stessa storia per la prima volta, come se l'esperienza già vissuta avesse un valore minore o fosse perfino del tutto ininfluente rispetto al carico di emozioni che quella nuova narrazione in quel momento rappresenta.

Dal nuovo racconto possono scaturire associazioni diverse e inattese riformulazioni di significato, tali che sarà possibile vedere la stessa storia da un'angolazione del tutto differente, capace di rivoluzionare l'intero sistema valoriale di riferimento. Fino al punto da mandare in crisi la stessa narrazione, da sentirsi costretti a porsi la domanda: "Ma io che storia ho vissuto? Cosa è accaduto veramente? Sono lo stesso, la stessa, ma quello che racconto è come se appartenesse alla vita di qualcun altro... com'è possibile tutto ciò?".

E naturalmente, tutto questo in piena e assoluta buona fede.

Al di là, e a prescindere, dalle discussioni intellettuali che 'potrebbero' appassionare i clinici (e annoiare molti altri...) tutto questo è documentato dalla letteratura specialistica, che a seconda del vertice teorico di riferimento, offre le varie ipotesi che fanno capo a queste esperienze.

Ciò che invece qui mi preme di focalizzare è l'importanza della storia narrata in quanto tale, e di quanto la differente angolazione e prospettiva storico-temporale, sia di fatto l'elemento cardine e costitutivo.
Il contesto della terapia, il setting, la relazione col clinico, sono le condizioni di necessità perché questo possa avvenire. O anche non avvenire, ovviamente.
Infatti non sempre questo accade o può accadere. Per tanti differenti motivi.

Ma se accade, quando accade, è veramente un'esperienza rivoluzionaria, per il paziente e per il clinico.
Tale da ripermettere una nuova sceneggiatura, e perché no, un nuovo pezzo di esistenza.
Ecco che quella separazione, quel lutto, quel sintomo, quel disturbo nella relazione con l'altro, possono essere veramente la chiave di una nuova e autentica ricostruzione d'identità.
Se nulla accade per caso, forse vale davvero la pena di mettersi in gioco, in un'esperienza nuova e sconosciuta, quale è la psicoterapia, per riscoprire percorsi di vita attuali e sorprendenti.

Per dare nuovo senso e dignità a un vissuto ormai scomodo, che non ci appartiene e non ci serve più. Riconsegnando più al nostro oggi, che al nostro domani, quel meraviglioso senso di curiosità, di crescita consapevole e di ricerca che credevamo di aver perduto.

Approfondimenti:

Boscolo L., Bertrando P. I tempi del tempo. Una nuova prospettiva per la consulenza e la terapia sistemica. Bollati Boringhieri. Torino. 1993.

Cecchin G., Lane G., Ray W.A. Verità e pregiudizi. Un approccio sistemico alla psicoterapia. Raffaello Cortina Editore. Milano. 1997.

21 settembre 2012

Costruzioni di significato /1



"L'onda non riesce a prendere il fiore che galleggia: quando cerca di raggiungerlo lo allontana".

(Rabindranath Tagore)

11 settembre 2012

C'era una volta la stanza del terapeuta...



In tempi di evoluzione tecnologica così rapida, molte volte mi sono domandata quale fosse il futuro possibile della psicoterapia e delle stanze di terapia.

Sono passati tanti anni dai lettini analitici, romantici (almeno ai miei occhi) e polverosi dei grandi S. Freud e C. G. Jung. E di tutta quella sapiente austerità è rimasto ben poco. Com'era del resto inevitabile.

Se è chiaro che da allora ad ora, tutto è cambiato, meno chiaro è verso cosa va un senso condiviso e condivisibile del lavoro psicoterapico.

A tutta prima sembrerebbe che di psicologia e di aiuto psicologico abbiamo tutti bisogno. E perfino il mio parrucchiere (lo dico con grande simpatia!) sa moltissimo dei tipi psicologici che entrano nel suo negozio. Indubbiamente, una signora di mezz'età che vuole dei riflessi biondo cenere è molto differente da una ventenne che vuole un bel ciuffo blu cobalto proprio sull'orecchio sinistro (!)

Come tutte le professioni, il bisogno di rivedersi, di essere al passo coi tempi, di essere connessi è diventato un imperativo categorico. A rischio di qualunque rischio. Per il terapeuta, ma anche e soprattutto (mi verrebbe da dire) per il paziente, giustamente oggi più adeguatamente definito cliente.

Dunque nell'immenso mare della navigazione web, chiunque può titolarsi come profondo conoscitore della psiche e pontificare di qualsiasi cosa gli passi per la mente, allo scopo di captare personaggi più o meno ignari, cercatori di pepite di felicità a costo zero.
E così diventa quasi comprensibile che un sito qualsiasi, che s'intitoli con 'psico' come suffisso (psicocucina, psicoastri, psicomaghi, psicoparagnosti, psicoveggenti, psicovegani, psicofitness, psicociarlatani... etc.) abbia la meglio su noiosi e titolati professionisti della psiche, laureati, abilitati, masterizzati, specializzati... e pertanto meno attraenti di una notte insonne passata con Gigi Marzullo.

Resta a noi professionisti il compito di rendere ancora credibile una professione seria e faticosa, a discapito di facili chimere svolazzanti e senza credenziali. E ai clienti di porsi l'autentica domanda: cosa cerco da questo professionista? Cosa sono disposto a cambiare, a cedere, a rivedere di me stesso per stare meglio?
Insomma, il cambiamento è certamente possibile, ma non senza un po' di genuina messa in gioco. Diciamolo.

Approfondimenti.

Bianciardi M., Galvez Sanchez F., Psicoterapia come etica. Condizione post moderna e responsabilità clinica. Antigone Edizioni. Torino. 2012.

6 settembre 2012

Sulla gelosia



"Come geloso io soffro quattro volte:
perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri".


"ALTERAZIONE. Produzione breve nel campo amoroso, d'una controimmagine dell'oggetto amato. Sulla base di episodi trascurabili o di minimi connotati, il soggetto vede l'Immagine buona alterarsi improvvisamente e rovesciarsi".

(R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, 1977)




"Ma le anime gelose non sono mai gelose per una causa, ma perchè sono gelose. 
La gelosia è un mostro che si genera da sé, e nasce da se stessi".

(W. Shakespeare, Otello)


2 settembre 2012

Di gelosia e tradimento ai tempi dei blog




Argomentone titanico e invero anche un po' obsoleto.
Sappiamo già come finì al gigantesco transatlantico nel 1915. In un certo senso è affascinante anche per questo. Sai che affonderà, lo sanno tutti, però è bello vederlo navigare sicuro, solenne, maestoso, inaffondabile. Salvo imprevisti, certo...

Ecco, in qualche modo il rimando è questo a un certo tipo di relazioni di cui ogni angolo della mia visuale è piena. Navigano sicure, solenni, maestose, più preoccupate delle porcellane che devono esibire alle domeniche coi suoceri, che delle credenze (una volta erano di legno stagionato, oggi dell'Ikea, ma vabbè) che dovrebbero contenerle.

Se discutere di gelosia e tradimento implicherebbe l'esistenza di un legame (tradisco chi? spezzo cosa?) oggi questo si fa davvero più complicato perchè già la definizione stessa di legame è complicata.
Si fa fatica a definire come legami, relazioni (sarebbe più corretto dire rapporti) che naufragano al primo angolo di realtà, costruite per compiacere il proprio e altrui narcisismo, per accontentare famiglie d'origine ansiose del primo nipote da esibire a loro volta, e via andare.

Eppure la stampa è piena di uomini che uccidono le donne, per gelosia si legge. E che fatica oggi per gli uomini sostenere il fallimento di una relazione conclusa non per mano loro. Una tale fatica, che uccidere la propria compagna è la via maestra per azzerare il proprio fallimento e ripartire serenamente da una cella, se mai ci finiranno.

Famiglie lasciate da sole davanti a temi dell'evoluzione (loro e della società) cui quasi nessuno può dirsi veramente pronto.
Ecco che la gelosia e il tradimento rimandano più ai temi della letteratura (Otello, Madame Bovary, Anna Karenina) quasi luoghi appartati di una mente romantica, da rileggere davanti al camino, magari quando tornerà l'inverno.