22 giugno 2013

Fare psicoterapia oggi




"Il mio scomodo punto di vista è che siamo confusi consciamente e controllati inconsciamente".

(Incontro con Glen O. Gabbard, "Psicoterapia psicodinamica: dalla teoria alla pratica".
Hotel Nettuno, Catania, 19/06/2013)

Sono molte le riflessioni scaturite dal recente incontro catanese con il famoso e illustre dr. Gabbard.
E' sempre molto strano poter parlare vis-à-vis con i grandi maestri di cui abbiamo studiato i libri: bello ed emozionante. Come tutti i veri grandi che non hanno bisogno di dimostrare un bel nulla, figlio della sua cultura statunitense, il dr. Gabbard ha parlato di cose serie e difficili con spontanea chiarezza e semplicità. Perfino leggerezza. Accorciando così in modo esemplare la distanza tra sé e il pubblico presente.

Non è questo il contesto per ripercorrere gli importanti passi teorici sottolineati da Gabbard (Relazioni Oggettuali-Psicologia dell'Io-Psicologia del Sé) ma vorrei dare rilievo ad alcuni passaggi che trovo molto importanti e condivisibili nella pratica clinica.

Molto risalto è stato dato all'umanizzazione della relazione clinica: "Quando non sai cosa fare, quando non capisci, sii umano". Che è come dire che se i nostri pazienti sono arrivati fino a noi, è soprattutto per incontrare un terapeuta "umano" che li accolga e non un "accademico" che parla a se stesso e al proprio bisogno di conferme.
E proprio in relazione al bisogno di conferme teoriche del terapeuta, è stata data molta importanza al fatto di non sentirsi troppo innamorati delle proprie premesse epistemologiche.
Che vuol dire che se sono uno psicoanalista posso agilmente capire e parlare di cognitivismo; se sono uno psicoterapeuta familiare-sistemico relazionale, posso utilizzare premesse psicoanalitiche con grande giovamento per la mia pratica clinica; oppure se sono un cognitivista, posso trovare utilissime le teorie della cibernetica e della complessità nel mio dialogo col paziente. E così via.

Utilizzare modelli che siano aperti, flessibili e disponibili soprattutto a intercettare il bisogno umano del paziente, senza mai trascurare l'etica e il senso di responsabilità della relazione, alla quale la sofferenza dei pazienti dovrebbe continuamente riportarci come una calamita.

Un ascolto attivo, non medicale, nella piena libertà di essere dentro la relazione con tutta la ricchezza del nostro patrimonio umano e con lo sforzo continuo di abbandonare il bisogno narcisistico di aver confermato (dai nostri pazienti!) che le nostre premesse teoriche sono migliori di quelle del collega...
Ascoltare-ascoltare-ascoltare: perché i pazienti sono i più competenti.
Sono quelli che conoscono la loro propria storia meglio di chiunque altro.

Fare psicoterapia oggi non come esercizio di un mestiere con la puzza sotto il naso, ma per risalire scomodamente (oserei dire follemente) alla radice dell'incontro umano: come diceva già il grandissimo Bion, "fatta di due persone spaventate", paziente e terapeuta, per l'appunto.

Mi dispiace solo di aver dimenticato a casa il mio caro e vecchio manualone verde per l'autografo... ma sarà per la prossima volta!

Approfondimenti:


Bianciardi M., Galvez Sanchez F., Psicoterapia come etica. Condizione post moderna e responsabilità clinica. Antigone Edizioni. Torino. 2012.

Bion W.R. (1974), Seminari brasiliani, in Bion W.R. (1976), Il cambiamento catastrofico, trad. it. Loescher. Torino. 1981.

Gabbard Glenn O., Psichiatria psicodinamica. Raffaello Cortina Editore. Milano. 1995.

13 giugno 2013

Caducità




Come son pesanti i giorni,
a nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto è vuoto,
tutto è freddo e senza pietà,
ed anche le care limpide stelle
mi guardano senza conforto,
da quando ho appreso nel mio cuore,
che anche l'amore può morire.


Federico Garcia Lorca.

Ma non è forse questa caducità dell'amore che c'imprigiona e che ce lo rende sempre così ricercato, nonostante le inevitabili delusioni?